‘Chiedi chi era Falcao’. Il Divino: “Volevo portare Totti in Brasile. Il rapporto con Spalletti? L’importante è il rispetto”

Ieri alle ore 15.00 è andata in scena la presentazione di “Chiedi chi era Falcao”. L’evento si è svolto presso la sala conferenze del Centro Sportivo Fulvio Bernardini. Presenti Paulo Roberto Falcao, il dg giallorosso Mauro Baldissoni e l’Head of Strategy e Media Guido Fienga.

LA CONFERENZA STAMPA

Fa più piacere l’affetto di chi ti ha vissuto o dei giovani?
“L’amore non si definisce, quello che sempre mi colpisce è proprio questo, andare per la strada e trovare un ragazzo di 20 anni che si emoziona. Non era neanche nato, non ha spiegazioni, mi fa molto felice questo riconoscimento”.

Come si porta la mentalità vincente in un gruppo?
“Loro avevano la mentalità vincente ma era sempre difficile giocare contro il Nord, specialmente contro la Juventus. Non si vince e non si perde prima, ero sicuro della nostra qualità. Bruno (Conti, ndr) per esempio era un giocatore brasiliano, era una squadra che poteva dare di più. Forse questo è stato il mio contributo, più che la parte tecnica”.

Quanti passi avanti ha fatto la Roma?
“Sicuramente tanti. Adesso abbiamo una società vera, all’epoca c’erano due campi e il sabato andavano al Tre Fontane. La struttura oggi è una struttura top, ha tutte le possibilità di fare bellissimi risultati. Oggi si può cominciare a costruire una vittoria anche fuori”.

La grande rivalità con la Juventus, 35 anni dopo siamo sempre a Roma-Juve:
“Penso che sia giusto che era una squadra fortissima e meritava di vincere perché era molto forte. Anche la squadra di oggi è forte, sanno fare una squadra. Per quello la vittoria in quegli anni era straordinaria, loro avevano metà della nazionale italiana. Questa è la grande vittoria di questa Roma, non solo il fatto politico che si è visto con il gol di Turone, ma non si potrà mai dire che quella squadra non era forte. La Roma oggi è una squadra grande e deve pensare in grande. Bisogna pensare alla possibilità di avere uno stadio, è importante avere la casa propria. Non voglio entrare nelle polemiche, però so che è importante avere uno stadio, è la ciliegia sulla torta che ci vuole. La Roma con uno stadio potrà essere più grande”.

Linea sottile fra la ‘ragnatela’ ed il Tiki taka?
“Difficile paragonare. Mi ricordo che tutte le squadre italiane giocavano a uomo e Liedholm voleva fare un cambiamento a zona. Forse per questo sono stato contattato, perché in Brasile si giocava a zona. Liedholm ha portato il calcio a zona in Italia, poi Sacchi ha portato la zona con il pressing. Lui diceva che l’importante era avere il possesso palla. Pruzzo era giocatore d’area, Bruno organizzava con la sua capacità tecnica, io che uscivo a organizzare un po’. C’era sempre la velocità, una squadra in cui ognuno faceva le cose del proprio ruolo e tutto questo ha portato ad una squadra che tratteneva la palla verticalizzando sempre”.

Cosa mancò per l’accordo con Dino Viola per fare l’allenatore?
“Nel ’91 allenavo la nazionale brasiliana, c’era un accordo per un biennale. Quando mi stavo preparando per andare a Roma è mancato. Il resto lo vediamo nel film”.

Rapporto Totti-Spalletti?
“Totti è un giocatore straordinario che meritava un pallone d’oro. Spalletti sta dimostrando tutto il suo valore. Sono due persone intelligenti. Vedo che si stanno trovando bene, l’importante è il rispetto. Mi auguro che Totti possa giocare fino a 50 anni. Quando era successo quel problema a febbraio l’avevo invitato a giocare nella mia ex squadra, lo Sport Club do Recife. Ero con la numero dieci pronta per lui, ma poi ha rinnovato…”

Che effetto fa vedere le partite della Roma senza tutta quella gente?
“Per me è molto brutto, perché la Curva Sud era quella che stava sempre con noi. Sono quei tifosi che anche quando si perde sono sempre con i giocatori. Spero che si possano mettere d’accordo e che possano tornare, senza conoscere tutti i problemi. Quello che posso dire è che allo stadio mancano, tutti gli stadi del mondo hanno uno spazio dove si sente di più il tifo. Mi auguro possano tornare”.

Perché il calcio fa fatica a creare nuovi miti?
“Ci sono giocatori straordinari anche oggi. Le cose cambiano, oggi esistono anche altre preoccupazioni. Il giocatore di oggi è un po’ diverso, si hanno tantissime informazioni. La nostra testa era solo nell’allenamento e nella partite. Oggi le cose sono cambiate tantissimo. Ci sono cose migliori e cose peggiori. Non mi piace molto la rete sociale, ci si nasconde senza firma. Il calciatore di oggi è diverso dal calciatore dei nostri tempi. I giocatori più pagati alla nostra epoca prendevano in un anno quello che oggi prendono in una settimana. Questo cambia molto”.

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