Quel lontano settembre del 1983

Maggio 1983: campioni d’Italia, finalmente… e il pensiero volò subito verso la conquista dell’Europa.

“Questo scudetto consente ai tifosi romanisti di allontanare un incubo e di uscire dalla prigionia del sogno”…  erano trascorsi quattro mesi da quei giorni indimenticabili e da quelle parole del presidente Viola. Roma viveva un momento magico, nei quartieri della città si organizzavano tavolate, banchetti, stornellate e, per i più anziani, era il momento di riportare alla mente lo scudetto di quarant’anni prima, ripensare alle gesta di quegli eroi allenati, anche allora, da un mister straniero, un ungherese: Alfred Schaffer. I gol di Amadei e Pantò, le incursioni di Krieziu, le parate miracolose di Masetti, tra le quali lo straordinario rigore neutralizzato nella mitica sfida – scudetto di Venezia, la difesa con il “terzinone” Brunella, e poi Mornese, Coscia & C. riempivano i loro ricordi. Unico, pesante, neo di quel primo trionfo tricolore fu la guerra in corso; pochissima voglia di festeggiare, un urlo strozzato in gola per il tifoso romanista.

In quell’estate dell’83 era tutto diverso; per le strade di Roma scorreva un autentico fiume giallorosso e la festa era totale. C’era però chi a quei festeggiamenti popolari in piazza o a quei solenni ricevimenti all’interno di palazzi signorili o istituzionali, si recava soltanto per alzare il calice, ottenere consensi ed appoggi per i progetti futuri riguardanti la società e, subito dopo, si rimetteva al lavoro. Era il presidente Dino Viola; lui non sapeva ancorarsi al passato recente e guardava sempre avanti. Aveva un progetto ambizioso: dopo il campionato in Italia bisognava conquistare l’Europa! La squadra era ben collaudata, fortissima, andavano solo inseriti alcuni tasselli per potersela giocare fino in fondo anche nella massima competizione continentale che, alla sua trentesima edizione, vedeva finalmente tra le partecipanti la città eterna. Fu così che arrivarono Graziani per l’attacco, Cerezo a centrocampo (dopo una lunga battaglia legale ingaggiata dal massimo dirigente giallorosso contro le istituzioni calcistiche) Oddi in difesa e qualche giovane (Vincenzi, Strukelj) per riempire una rosa già competitiva. Giunse il momento del sorteggio europeo: c’erano tante compagini abbordabilissime (l’Hamrun Spartans, la Jeunesse d’Esch, il Vilaznia, il Vikingur, il Kuusys…) alla creatura di Viola, invece, il destino oppose gli svedesi del Goteborg.

Poco più di un anno prima (guidati dal tecnico Eriksson) gli scandinavi avevano conquistato la coppa UEFA chiudendo imbattuti il torneo e superando in finale i tedeschi dell’Amburgo. Amburgo che nel maggio successivo, mentre Roma si cuciva il tricolore sul petto, si laureava campione d’Europa sconfiggendo la Juve del Trap. Quella finale di Atene fu l’ultima gara della lunga e prestigiosa carriera del portiere Dino Zoff. Avversario, quindi, sicuramente ostico quel Goteborg. Arrivò finalmente il giorno del debutto in Coppa dei Campioni; tanti timori, paure, tensioni ma molta fiducia in Liedholm, nella squadra e nella società. Parte all’assalto la Roma e nel secondo tempo arriva l’apoteosi. Proprio il neo-acquisto Vincenzi infila la porta svedese rimediando alla sfortuna che aveva fatto terminare sul palo la conclusione di Falcao. Sua, quindi, la prima storica rete romanista in Coppa Campioni. Raddoppia Conti dopo una stupenda azione manovrata dei capitolini. Completa la splendida serata l’altro neo – giallorosso Toninho Cerezo che conclude una serie di veloci scambi a cui i giocatori biancocelesti svedesi possono assistere da vicino solo in qualità di spettatori autorizzati per copione a calcare il rettangolo verde dell’Olimpico. 3-0 finale, Roma gigantesca e sontuosa. Le paure erano svanite, l’ansia lasciava il posto alla consapevolezza: era l’Europa a dover temere la Roma!

Era il 14 settembre 1983 e la società di Viola e Liedholm lanciava il suo guanto di sfida al gotha del calcio europeo, pronta a dare battaglia fino in fondo.

Nulla poteva mettere paura a quella Roma…

 

by Max

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