Articoli Flavia Miglietta
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“Bene la vittoria, ma i giallorossi non sono guariti”
Il commento di Carlo, rilasciato in esclusiva al portale SiamolaRoma.it, è disponibile qui:
0 Amarcord. Roma – lazio 1936: la Roma vincente nei derby frena la voglia di scudetto della Lazio
Aria di derby che negli anni Trenta vede il dominio della Roma di Campo Testaccio. Siamo nel 1936 – ’37, anno in cui dalla squadra del nuovo presidente Igino Betti si attendono conferme importanti per poter tornare a sfidare “Lo squadrone che tremare il mondo fa”,vale a dire il Bologna del presidente Renato Dall’Ara.
Dopo aver superato di un solo punto la Roma ed essersi aggiudicato il torneo 1935 – ’36, in questa stagione il Bologna si trova come principale avversaria la Lazio. Per la rincorsa tricolore dei biancocelesti fatali si rivelano le due stracittadine che vedono la Lazio allenata dal tecnico ungherese Jozsef Viola sempre soccombente.
La Roma guidata dal mister Luigi Barbesino, infatti, riesce ad imporsi con autorità in entrambe le sfide. Il Bologna si conferma campione, quindi, mentre la Roma non è più la corazzata che l’anno prima fece sognare il tifoso romanista.
Come nel 1932 non riesce a ripetersi ed a lottare per lo scudetto, le vittorie scarseggiano e finisce per scivolare in classifica, ma la stracittadina si tinge sempre di giallorosso.
È il 18 ottobre 1936 quando a Campo Testaccio va in scena il quindicesimo derby di campionato, sesta giornata di serie A. L’atmosfera è caldissima, il pubblico di fede romanista, confortato da una tradizione sicuramente favorevole (8 successi contro uno solo dei “cugini”), si attende un’altra prestazione da tramandare ai posteri con orgoglio… e non sarà deluso!
La Roma schiera: Masetti, Monzeglio, Allemandi, Frisoni, Bernardini, Gadaldi, Cattaneo, Serantoni, Di Benedetti, Tomasi, D’Alberto. Gli ospiti in campo con: Blason, Zacconi, Monza, Baldo, Viani, Milano, Busani, Riccardi, Piola, Camolese, Costa. Ad arbitrare l’incontro il signor Scorzoni di Bologna. Partenza in salita per i giallorossi che al 9° sono sotto di un gol.
Sugli sviluppi di una punizione battuta da Milano la sfera arriva a Busani che batte Masetti. La Lazio ha il sopravvento e si muove con agilità, mentre i lupi sembrano spaesati e scoraggiati dopo lo svantaggio. Dal 25°, però, la Roma tira fuori quello spirito testaccino che diventerà proverbiale.
Si giunge al 30° quando Dante Di Benedetti si libera in area di un paio di avversari e da distanza ravvicinata infila la porta di Blason, è il pareggio. Gli uomini di Barbesino cambiano marcia, sono molto più aggressivi.
Per la folla che gremisce gli spalti della tana romanista è un segnale inconfondibile di risveglio, si sente l’aria della stracittadina e si comincia ad avvertire il profumo di un nuovo successo. Inizia la ripresa, gli ospiti premono ma la Roma è decisamente più ordinata e precisa, la parità dura fino al 17°.
Sugli sviluppi di un corner ancora Di Benedetti colpisce a botta sicura, respinge Zacconi ma proprio sui piedi di Serantoni che lascia partire una staffilata tremenda su cui Blason non può assolutamente nulla. Ora è la Roma in vantaggio. La Lazio lentamente si smarrisce, rassegnandosi all’epilogo che le è più abituale quando di fronte trova i giallorossi.
La parola fine con relativo avvio dei titoli di coda arriva al 44°. D’Alberto va in fuga, elude l’intervento di due avversari ed effettua un traversone al centro.
Pronto è Di Benedetti a colpire, firmando così la sua doppietta personale. 3-1, a Roma trionfa ancora la Roma. Il giallorosso sventola e dall’altra parte si spera sempre in un po’ di gloria nel prossimo appuntamento, questa volta per il 21 febbraio… ma l’attesa per il tifoso laziale non verrà gratificata da un risultato utile.
Sarà Alfredo Mazzoni con una sua rete a giustiziare nuovamente i biancocelesti, che dovranno incassare così l’unica sconfitta interna del torneo.
Alla fine i 4 punti ceduti alla Roma si riveleranno determinanti nella corsa scudetto: Bologna 42, Lazio 39. La tifoseria laziale potrà consolarsi con il titolo di capocannoniere di Silvio Piola con 21 centri realizzati, seguito dallo juventino Gabetto con 18. Per la Roma, invece, l’annata è totalmente negativa, un decimo posto in graduatoria ed una finale raggiunta in coppa Italia, ma la tradizione nel derby è stata rispettata.
Di Massimiliano Spalluto
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0 Parma-Roma: gol zampati
0 Amarcord. Roma – Juventus 1989: in un Flaminio ricoperto di giallorosso la Roma s’impone con una rete di Stefano Desideri
Per l’ultimo match romano del decennio che le ha viste quasi sempre protagoniste, Roma e Juventus si ritrovano a combattersi nel “piccolo” Flaminio.
Il progetto dello stadio fortemente voluto dal presidente Dino Viola era stato respinto quasi tre anni prima; con la sua lungimiranza l’ingegnere aveva previsto con largo anticipo, rispetto al resto d’Europa, l’importanza che un impianto di proprietà riveste per la stabilità di un club, ma non si volle dar seguito alla sua istanza.
Quindi, con un Olimpico ridotto ad un cantiere in vista del mondiale di calcio del 1990, la Roma è costretta a trasferirsi sul campo che, prima della ristrutturazione portata a termine nel 1959, l’aveva vista conquistare il tricolore del 1942, quando si chiamava ancora Stadio Nazionale.
Tutto ciò comporta non pochi problemi relativi a mancati incassi e disagi di ogni tipo, ma bisogna fare di necessità virtù. Con il chiaro obiettivo di limitare i danni e condurre in porto una stagione dignitosa viene chiamato un sergente di ferro per la panchina: Gigi Radice.
Il tecnico che nel 1976 aveva guidato il Torino al successo in campionato, riuscirà a farsi amare dal popolo giallorosso per la sua serietà e concretezza. L’annata 1989 – ’90 muove così i suoi lenti passi fino alla penultima giornata di andata, è il 17 dicembre 1989 quando si ripropone lo scontro tra le regine degli anni Ottanta. Questa volta la vetta è un po’ distante, ad occuparla è il Napoli (che ci resterà fino al termine del torneo, cucendosi sul petto il suo secondo tricolore).
Di fronte alla compagine torinese la Roma si dispone con: Cervone, Berthold, Nela, Di Mauro, Manfredonia, Comi, Desideri, Conti, Voeller, Giannini, Rizzitelli. Dino Zoff, allenatore della Juve, risponde schierando: Tacconi, Bruno, De Agostini, Galia, Brio, Fortunato, Alejnikov, Rui Barros, Zavarov, Marocchi, Casiraghi. Arbitra l’incontro il signor Agnolin di Bassano del Grappa.
Nella migliore tradizione delle sfide tra i giallorossi ed i bianconeri il ritmo è elevato fin dai primi minuti. Dopo un tentativo di Conti deviato in angolo al 4° è la Juve a mancare una favorevolissima occasione per sbloccare il punteggio. È Di Mauro, travestito da Babbo Natale in anticipo di una settimana, a regalare un pallone di platino a Casiraghi.
L’attaccante juventino riceve al centro dell’area il retropassaggio effettuato con una leggerezza eccessiva dal romanista e batte questo rigore in movimento, o meglio… ci prova. Cervone si è mosso in tempo e riesce a toccare, compiendo un autentico miracolo.
Dopo questa sciagurata distrazione i padroni di casa impongono il loro ritmo: Desideri, Voeller e soprattutto Giannini creano più di qualche apprensione a Tacconi. Al 35° Rizzitelli finisce a terra in area strattonato da Brio, ma il direttore di gara non interviene. Zavarov ci prova con un insidioso rasoterra, ma Cervone si oppone con le unghie spedendo in corner a pochi millimetri dal palo alla sua destra. Il risultato non si sblocca, si va al riposo sullo 0-0. Inizia la ripresa, la squadra di Zoff cerca di sorprendere in contropiede gli avversari, ma all’ottavo è Voeller ad andare vicino al gol. Il suo colpo di testa viene spinto sulla traversa da Tacconi.
I giallorossi premono, spronati da un Flaminio che avverte, come sempre, la rivalità con i bianconeri.
La Juve si perde e la Roma domina, legittimando la sua superiorità al 22°. Rizzitelli effettua un traversone dalla sinistra, Desideri in area è libero di saltare e colpire di testa spedendo dove Tacconi non può arrivare. L’estremo difensore juventino, infatti, è costretto a seguire mestamente con lo sguardo il pallone che s’insacca alla sua destra.
Il Flaminio esplode di gioia, il suo pubblico corre ad abbracciare idealmente Desideri che si è arrampicato sulla vetrata sotto la Curva Sud, la Roma è meritatamente in vantaggio. Si attende la reazione dei piemontesi, ma la cronaca dice che è la squadra di Radice a sfiorare il raddoppio con Voeller e Nela. Nell’ultimo quarto d’ora trovano spazio Pellegrini e Piacentini rispettivamente per Conti e Nela, mentre tra i bianconeri Serena e Napoli rimpiazzano Zavarov e Brio.
Arriva il fischio finale, la Roma trionfa sulla Juve e condivide momentaneamente il secondo posto con Inter e Sampdoria, a quattro lunghezze dal Napoli di Maradona e del presidente Ferlaino. Il tifoso romanista può così festeggiare il Natale con serenità, vivendo un raro momento dolce in un anno denso di difficoltà logistiche e, conseguentemente, finanziarie a cui la società ha dovuto far fronte.
Nel girone di ritorno la più grossa soddisfazione viene colta nel derby di ritorno, risolto dal “tedesco che vola” Rudy Voeller con una testata alla mezz’ora del primo tempo. Radice porta a termine la sua “mission impossible”, conquistando un ottimo sesto posto che significa qualificazione per la coppa UEFA dell’anno seguente, in cui l’ultima Roma del presidente Viola raggiunge la finale… ma questa è un’altra storia.
di Massimiliano Spalluto
4 Fiorentina-Roma: gol zampati
0 Amarcord. Inter – Roma 1975: Morini e De Sisti firmano il due a zero finale. Terzo posto per la Roma
La vittoria a Milano per sfatare un tabù e chiudere il torneo in terza posizione dietro Juve e Napoli.
La stagione 1974 – ’75, però, era partita tra gli incubi: Roma ultima con 2 soli punti dopo cinque giornate. Un tracollo! Ci sarebbero molte attenuanti per quest’avvio disastroso, tra cui pali colpiti (una costante anche dei giorni nostri), tanti gol mancati di poco oltre a 3 sconfitte tutte per 1-0, ma la sostanza non cambia.
Il presidente Gaetano Anzalone, da tutti riconosciuto come un vero gentiluomo prestato al mondo del calcio, medita di rassegnare le dimissioni dalla carica.
A quel punto, però, il vento cambia; dopo la sconfitta su rigore con la Juve la Roma inanella una serie di sei vittorie consecutive che la proiettano nelle zone alte della classifica.
L’affermazione con l’Inter nell’ultimo turno d’andata dice che, al giro di boa, la formazione capitolina è terza. Il girone di ritorno, però, la riporta alle abitudini sfortunate di inizio competizione.
Di fronte il Torino di Graziani, Castellini e Zaccarelli, il gruppo che l’anno seguente conquisterà il tricolore rinvigorendo il mito del “Grande Torino”.
Contro i granata la Roma colleziona tre pali ed alla fine perde ancora per 1-0 (quinta volta su 5 sconfitte totali!), con gli avversari che ammetteranno a fine gara che i capitolini, tra andata e ritorno, meritavano sicuramente di più.
La truppa di Liedholm, però, non perde la testa e tiene il passo; vince con la Juve capolista, si aggiudica anche il derby di ritorno, (dopo quello d’andata Chinaglia, capitano biancoceleste, pretese dai suoi compagni di poter bruciare le “maglie della sconfitta”) e prosegue mantenendosi nelle zone alte della graduatoria.
Ora c’è da difendere il terzo posto, uno sforzo davvero impegnativo visto che la squadra di Liedholm, per l’ultima sfida dell’anno, è attesa a Milano dall’Inter, un terreno per lei inespugnabile da molti anni.
È il 18 maggio 1975, la squadra lombarda non ha certo brillato in questo torneo, ma il suo allenatore Luis Suarez pretende di concludere dignitosamente l’annata.
L’Inter scende in campo con: Bordon, Guida, Fedele, Bertini, Facchetti, Bini, Mariani, Scala, Boninsegna, Moro, Nicoli. La Roma risponde con: Conti, Negrisolo, Rocca, Cordova, Santarini, Cavalieri, Penzo, Morini, Prati, De Sisti, Spadoni.
Arbitra il signor Pieri della sezione di Genova. Appena 4 minuti ed il punteggio cambia. Rilancio del portiere giallorosso raccolto da Morini che avanza, si libera di Bertini ed effettua un diagonale alla sinistra di Bordon su cui l’estremo difensore nerazzurro non può nulla, la Roma è in vantaggio.
Altri dieci minuti ed al 14° i giallorossi allungano. Discesa inarrestabile di “Kawasaki” Rocca sulla destra,; elusi gli interventi di Guida e Bini mette una palla al centro per De Sisti che di destro spedisce in rete.
Dopo neanche un quarto d’ora di gioco la gara ha emesso il suo verdetto, il resto è pura cronaca spicciola. Ad inizio ripresa tra i padroni di casa entra Cerilli al posto di Nicoli, mentre Liedholm dà spazio a Sandreani che rileva Penzo a 12 minuti dal termine.
Unico colpo di scena, l’invasione di campo effettuata da una cospicua fetta di supporters nerazzurri. In un primo momento si era temuto un gesto dettato da derive di contestazione, che negli anni Settanta vanno ben oltre il semplice gesto dimostrativo, ma chi è entrato nell’arena vuole solo far finire il torneo salutando i giocatori.
I sorrisi prolungati tipo paresi facciale, che costringono i calciatori a camminare in mezzo alla folla con un’espressione inebetita tra un selfie e l’altro, non sono ancora necessari.
I ragazzi le foto dei loro campioni se le portavano da casa, sperando di farle firmare al loro idolo, possibilmente con una dedica. Chi non ha le istantanee pronte, o un poster, si accontenta di un quaderno e si lancia all’inseguimento per ottenere il più alto numero possibile di autografi.
Altri, invece, si procurano vari souvenir: magliette, fasce, pantaloncini… Una volta ripristinato l’ordine e liberato il rettangolo verde dagli intrusi, si riprende per giocare gli ultimi dieci minuti di questo campionato, fino a che giunge il fischio finale dell’arbitro Pieri. Sul tabellone si legge 0-2!
La Roma vince nella Milano nerazzurra dopo tredici anni e mezzo dall’ultimo successo; era un San Silvestro di calcio, quello del 1961, in cui una rete di Manfredini fece trionfare per l’ultima volta i capitolini al Meazza.
La stagione finisce qui, Anzalone raccoglie il suo migliore piazzamento in campionato e si torna a vedere una qualificazione alle coppe europee dopo ben 6 anni di assenza.
Si vivrà un’estate piena di sogni e di illusioni; in fondo, si pensa, con un po’ di fortuna in più quei quattro punti di distanza dalla Juve campione sarebbero stati colmati con pieno merito, ma l’annata seguente farà ricadere la Roma nei suoi soliti peccati storici: le mancate conferme!
Per vederla maturare da quel punto di vista bisogna attendere gli anni Ottanta con Dino Viola, il ritorno del “Barone” Liedholm e una generazione di campioni radunati in un gruppo unico.
di Massimiliano Spalluto